martedì 7 giugno 2011

Referendum, fumo negli occhi

Anche per chi non fa parte del grande gregge dei “pecoroni” che di tanto in tanto vengono condotti alle urne come all’abbeveraggio, snobbare il prossimo imminente appuntamento referendario, è una bestemmia inaudita.

Beninteso che i quesiti proposti dal referendum sarebbero assolutamente meritevoli di ricevere la piena partecipazione popolare con l’affermazione prevalente dei si, va detto che questa verità poggia completamente su una base astratta che non tiene in alcun conto il contesto socio-politico italiano.
Sarebbe sacrosanto abrogare l’ennesima legge “ad persona” relativa al “legittimo impedimento”, così come quella promulgata per permettere a società private di entrare nelle diretta gestione delle risorse pubbliche, così come quella che permette il ritorno della costruzione di nuove centrali nucleari. Sarebbe, appunto, sacrosanto, se non fosse per un particolare di non poco conto, cioè che l’Italia non è la Germania o la Svezia o un altro Stato serio, bensì una nazione allo sbando, senza guida, senza legalità, senza garanzie, senza sicurezze, senza certezze.

Non ritengo azzardato affermare con una certa sicurezza che votare in questo referendum, quorum o non quorum,vittoria dei si o dei no, sia completamente inutile, oltre che un indicibile spreco di denaro pubblico.

Non oso pensare cosa sarebbe oggi l’Italia se avessimo costruito e fatto funzionare delle centrali nucleari già a partire da 30 -40 anni fa; non oso pensare alle montagne di denaro spese in più rispetto ai costi preventivati, come regolarmente accade per ogni opera pubblica; non oso pensare alla cattiva gestione delle scorie nucleari, alle eterne ed inconcludenti discussioni sui siti dove ospitare le centrali e dove sotterrare le scorie, alle scoperte postume che ad occuparsi delle costruzioni sarebbero stati mafiosi e palazzinari speculatori, come quelli che hanno finora gestito gli interventi della Protezione Civile, tanto per intenderci. Non oso pensare che tutto questo potrebbe accadere se vincesse il no. Allo stesso tempo, senza centrali nucleari il nostro futuro non potrebbe essere più roseo; se dovesse vincere il si, certamente continueremmo a subire una insufficienza energetica incolmabile, anche continuando a costruire altre centrali primitive del tipo idroelettrico, a carbone o a gas. Non c’è bisogno di scrutare una palla di cristallo per immaginare che le varie fonti di energia rinnovabile non saranno mai sufficienti per coprire totalmente il nostro fabbisogno e che mai questo sistema sarà in grado di progettare un piano nazionale per l’autosufficienza energetica extra-nucleare. Non possediamo un sistema socio-politico compatto, capace di suscitare questa reazione e non abbiamo personalità politiche in grado di concepire e di agire in questo senso.

Lo stesso identico ragionamento è applicabile alla questione della privatizzazione degli impianti di distribuzione delle risorse idriche, oggetto di uno dei quesiti referendari. Lo Stato si dice incapace della loro gestione e manutenzione ed il governo ha voluto cedere il campo all’intervento dei soggetti privati. Si ritiene cioè, che questi ultimi farebbero i necessari investimenti per aumentare l’efficienza degli impianti, senza considerare che i relativi costi verrebbero automaticamente girati sulle bollette degli utenti, a cui si aggiungerebbero gli inevitabili rincari delle tariffe, dovuti all’esigenza dei nuovi gestori di ottenere dei margini di guadagno adeguati. Insomma, uno Stato fallito invece di recuperare le proprie funzioni, la propria sovranità, si tira sempre più indietro, lasciando alla dittatura del mercato perfino le risorse primarie come l’acqua oggi, e forse anche l’aria domani. Oltretutto ci viene anche negata la legittima consolazione di vederci ridurre le tasse, come vorrebbe una logica contropartita. Il dramma vero è che se anche vincessero i si, nulla cambierebbe. Oggi gli acquedotti sono autentici colabrodo e domani lo saranno ancora di più.

Vogliamo invece consolarci barrando la casella del si sulla scheda dell’abrogazione della legge sul legittimo impedimento, peraltro già ridotta al nulla dalle modifiche finora apportate? Un’altra perdita di tempo ed un’altra occasione sprecata per andare a fare qualcosa di più utile. Ma va bene, togliamo pure all’odiato Berlusconi la soddisfazione di poter dire al prossimo giudice che lo convocherà che non potrà presenziare all’udienza perché ha già programmato una visita istituzionale all’estero oppure è stato colto da improvvisa dissenteria. Invece io sarei più propenso a negare questa gioia ai promotori di questo quesito, di Pietro in testa. Perché? Perché per esempio, questa cricca di finti paladini della libertà, in lotta perenne contro il male, non hanno mai pensato di promuovere referendum ben più significativi come, ad esempio , l’abrogazione di tutte leggi speciali che regolano il criminale arricchimento della casta parlamentare che ci costa centinaia di milioni di euro ogni anno in stipendi eclatanti, pensioni d’oro, vitalizi da nababbi, buone uscite da sogno.

E finché sarà mantenuta in vigore la norma che consente ad un deficiente qualunque di figurare per solo 24 ore alla Camera dei deputati, per poi abbandonare subito la carica, e di usufruire del diritto ad una pensione a vita di una somma tale che il 90% dei pensionati normali possono accumulare in non meno di 4 mesi (caso realmente accaduto), allora del legittimo impedimento di Berlusconi me ne impippo altamente e mi rifiuto di prestarmi al gioco di certi ignobili truffatori che evitano accuratamente di raccogliere le firme per abrogare le vere leggi ingiuste.

Non sentite anche voi gli occhi bruciare? E’ tutto fumo, solo fumo in faccia, null’altro.


fonte: Ave Hesperia

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"Noi non siamo, no, dei rivoluzionari sovvertitori. Noi vogliamo che uno Stato forte risorga e per le Leggi comandi!" Cesare Maria De Vecchi, Ottobre 1922

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