venerdì 2 settembre 2011

Chi avrà il coraggio?


La Patria gronda di lacrime amare.
Qualunque sia il punto di vista, è ben difficile non concordare su un fatto: stiamo attraversando il momento più angosciante della nostra storia, con l’aggravante che ciò si sta verificando in un periodo che tecnicamente verrebbe definito “di pace”, cioè senza una guerra in corso e quindi senza tutte le devastanti conseguenze socio-economiche che ne deriverebbero. Più semplicemente stiamo assistendo impotenti alla nostra stessa fine, per la cupidigia di alcuni, per l’ignavia di tanti, per la viltà di troppi.

Forse oramai non ha nemmeno più tanto senso soffermarsi a descrivere l’ultimo crimine e l’ultimo criminale; è divenuta una contabilità ordinaria, una noiosa roba da impiegati di concetto. Ciò che doveva divenire più chiaro, è ora sotto la luce del sole; conosciamo la vera identità delle forze oscure che ci minacciano e conosciamo la cura ma non siamo in grado di intervenire. E’ avvilente e deprimente sentirsi così impotenti, non poter reagire ed essere costretti a guardare i propri figli con un dubbio angosciante sul loro futuro, se mai ne avranno uno.

 Già una volta i fascisti hanno tirato su per i capelli il corpo di una Nazione che stava per annegare, restituendole letteralmente la vita e le forze per risorgere. Ancora una volta, trascorso quasi un secolo da allora, la Patria ha nuovamente bisogno di loro.

La domanda da porsi è se i fascisti sono ancora in tempo ed in grado di rispondere alla chiamata, prima che sia troppo tardi. L’impressione è che il tempo a disposizione stia scadendo, che non sia permesso lasciare ai figli l’onere di farsi carico delle colpe dei padri e trovare quelle soluzioni che oggi sembrano fuori portata. E’ necessario che lo sforzo venga compiuto oggi, al più presto.

Nel nebuloso mondo del movimentismo fascista ognuno legittimamente lancia i propri proclami, tesse le proprie trame, impiega le proprie energie e dirige gli sforzi nelle direzioni prescelte e stabilisce le proprie priorità. Non si può forzare nessuno a cambiare punto di vista ed al contempo non si può negare quel rispetto e quella vicinanza che si devono ai tanti camerati impegnati nelle diverse direzioni. Allo stesso modo, non è ammissibile mancare di considerare quei tanti altri camerati che hanno invece fatto la scelta di tenersi in disparte, non condividendo le scelte altrui, e che restano in attesa degli sviluppi e dei cambiamenti che ritengono necessari per offrire finalmente il proprio contributo di lotta.

Il rammarico che deriva dalla impossibilità momentanea di non poter essere tutti vicini ed uniti è grande, come grande è il desiderio che entro breve, chi ha maggiori possibilità organizzative ed è maggiormente conosciuto, provi ad attuare quei coraggiosi cambiamenti di rotta che molti di noi attendono.

Forse abbiamo anche bisogno di un capo e sono certo che vi è più di qualcuno che ne possiede le doti.

Si legge sempre più spesso di resistenze, di rivolte e di rivoluzioni contro il sistema. Sacrosanto! Questo sistema altro non meriterebbe che di essere abbattuto, con le buone o con le cattive. Ma questa tesa contrapposizione, questa guerriglia ideale, quanto sta costando in termini di sacrifici personali, di esposizioni, di energie fisiche, mentali ed economiche a quei tanti camerati sparsi per tutta Italia che generosamente offrono il loro attivismo? Di sicuro non basterebbero poche parole per ringraziarli, questo è fuori discussione. Tuttavia mi domando, siamo certi che questo impegno così gravoso e meritorio venga indirizzato nel modo più efficace possibile e non contempli invece il più madornale degli errori, verso l’ultimo, irreparabile fallimento?

L’importanza della guerra al sistema, siamo d’accordo, è indiscutibile. Ma quando si ha di fronte un nemico da combattere molto più forte e organizzato, non è prioritario affrontarlo mentre si versa in una situazione di scarsità di mezzi e uomini, rischiando di andare incontro ad una sconfitta certa; piuttosto è conveniente e strategicamente intelligente impiegare le risorse iniziali per radunare il più forte, numeroso e meglio armato esercito possibile, per poi andare allo scontro ed avere una ragionevole possibilità di vittoria.

Mi si dirà che è proprio questo ciò che si sta tentando di fare, ed invece sono convinto che si tratti di una mortale illusione che ormai dura da quasi vent’anni. Forse è giunto il momento di smetterla di attaccare manifesti variamente griffati, dietro i quali non c’è nulla, a parte la colla ed i muri.

Forse è ora di mettersi a pensare seriamente in termini di unificazione di uomini, idee e risorse, di organizzazione politica, di strutturazione monolitica. Forse è ora di ripiegarsi su un lavorio interno volto alla costruzione politica di una forza unica che leghi finalmente insieme tutti i fascisti d’Italia, in un modo talmente inequivocabile che dovrà dirsi che chi ne resta fuori non è di certo fascista.

Se di tutte quelle energie, certamente spese in buona parte inutilmente, almeno una metà venisse impiegata per condurre questa battaglia al nostro interno, per la nostra unità, per un futuro di forza rivoluzionaria, credo che potremmo cominciare a vivere insieme esperienze ricche di positività ed ottimismo per il futuro che ci aspetta.

Non credo che esista una sola difficoltà, per quanto grande, che possa impedirci di assumere questo obiettivo come l’unica vera ed irrinunciabile priorità.

Chi avrà il coraggio per condurci oltre? Chi il nuovo Duce?

fonte: www.avehesperia.it/blog

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Oggi come ieri

"Noi non siamo, no, dei rivoluzionari sovvertitori. Noi vogliamo che uno Stato forte risorga e per le Leggi comandi!" Cesare Maria De Vecchi, Ottobre 1922

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