venerdì 1 giugno 2012

Lettera aperta al sen. a vita Mario Monti.

Pur non avendola votata ci siamo trovati lei, senatore Monti, con tutto il suo entourage di banchieri, aristocratici e milionari a dettar legge nel portafogli degli italiani.
Ciò è potuto accadere grazie a due fattori principali:
1) L'interferenza bancaria internazionale, di cui lei è stato uno dei principali promotori, che ha acquisito un potere smisurato non solo in campo finanziario, ma anche in quello economico-commerciale del nostro paese, fino ad arrivare all'interno delle istituzioni dove ha promosso, sostenuto e votato leggi inique per i cittadini, ma proficue per i banchieri e le strutture speculative ad essi legati;
2)l'incapacità, l'inettitudine,e la negligenza dei politici italiani che, prima hanno operato da servi a favore delle banche, e poi si sono lavati le mani uscendo dal Parlamento per lasciare spazio a lei, che rappresenta il potere bancario in tutte le sue forme peggiori, coercitive, usuraie e spregiudicate.
Ciò che possiamo auspicare, per il bene dell'Italia, è la sua immediata uscita di scena, accompagnato da tutta quell'accozzaglia indegna di parlamentari che, ancora oggi, si fregiano inappropriatamente del titolo di "onorevoli".
Concludo ricordandole che in tempi passati, un certo ministro dei Lavori Pubblici, Araldo di Crollalanza, trasferì tutto il genio civile nell'epicentro del terremoto che la notte del 23 luglio 1930 rase al suolo Messina, distrusse migliaia di abitazioni in tutta la zona irpina e provocò la morte di circa 2.000 persone.
Il ministro ricostruì la città siciliana e ridiede vita alle zone sinistrate nel giro di soli sei mesi, riportando allo Stato parte della somma stanziata che non era stata spesa.
Nel 1980 il terremoto tornò a far visita l'Irpinia. Le uniche case che rimasero in piedi furono quelle progettate e costruite dal genio civile sotto il controllo del ministro Crollalanza. Lo stesso si verifiò a L'Aquila.
Ora un altro terremoto ha devastato una delle regioni più produttive del Nord Italia. Ma nessun ministro dei Lavori Pubblici ha pensato di trasferirsi su un treno, come in tempi passati, per dirigere al meglio i lavori, peraltro neanche iniziati in Emilia. Lei, sen. Monti, al posto del genio civile, del ministero preposto, degli aiuti economici di Stato, ha preferito aumentare la benzina di 2 centesimi, operando come sempre, ovvero tassando ogni qualsiasi cosa pur di portare soldi agli istituti di credito che hanno creato questo default intenazionale. Ha, insomma, usato lo stesso metodo che ha adottato fin da quando si è insediato al Parlamento, ed ha dimostrato la stessa ferocia speculativa degli squali finanziari prorogando a settembre il pagamento delle tasse per coloro che sono stati colpiti dalla sciagura. C'è da chiedersi se farà pagare l'IMU anche a coloro che la casa non ce l'hanno più.
Altri tempi sen. Monti, quelli del ministro Crollalanza, tempi in cui gli uomini erano tali e dove il senso di unità nazionale non veniva sentito solo a parole una volta all'anno. Tempi che non possono essere da lei presi in considerazione, né citati come esempio, benché l'operato fosse decisamente diverso e migliore da quello attuale. Il periodo fascista non può esistere nella mente di un banchiere, e se esistesse verrebbe considerato come il male assoluto. E qui il detto popolare che recita: "Il bue che da del cornuto all'asino" pare calzare alla perfezione.
Le auguro un buon 2 giugno, sen. Monti, augurio che estendo anche al Presidente della Repubblica, che nonostante la situazione così drammatica, come la crisi economica e le devastazioni naturali che stanno sconvolgendo l'intero Paese, ha ben pensato di festeggiare ugualmente tale ricorrenza, alla faccia dell'unità nazionale e dell'amor patrio di cui tanto si riempiono la bocca i politici istituzionali. E così, mentre l'Italia piange e muore, gli aristocratici delle banche e della politica banchetteranno come se niente fosse successo. Così come banchettava Luigi XVI, re di Francia. Fin quando non gli tagliarono la testa.

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"Noi non siamo, no, dei rivoluzionari sovvertitori. Noi vogliamo che uno Stato forte risorga e per le Leggi comandi!" Cesare Maria De Vecchi, Ottobre 1922

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